Stralci di vita gallipolina
Aprile 2001 - Pag. 9

 
 

I Comunisti Italiani nella Polis

 

17 aprile 2001

Stupore ha destato in città l’assenza tra i sostenitori del candidato sindaco Biagio Palumbo del Partito dei Comunisti Italiani. Eppure i suoi esponenti politici locali avevano partecipato a tutte le riunioni preliminari per la stesura del documento programmatico e per la scelta del candidato sindaco. Poi alla divulgazione delle liste si viene a conoscenza che i Comunisti Italiani gallipolini stanno nella lista di Gallipoli Democratica in appoggio al candidato sindaco Antonio Vallebona insieme alla Polis. Che cosa è accaduto? “Ci hanno impedito a noi Comunisti Italiani – dice Romano Fiammata del PDCI in una nota – di poter presentare una propria lista e perfino di poter essere individualmente presenti, da indipendenti, nelle liste disponibili del “centrosinistra”. Nei confronti degli uomini di tale partito, secondo Fiammata ci sarebbe stata “intolleranza, grettitudine ed ostracismi”. Ai Comunisti Italiani allora, la possibilità di dire la propria in campagna elettorale l’ha offerta la lista civica e il candidato sindaco Vallebona e si è rivelato “il solo spazio non soggetto agli ostracismi per poter essere doverosamente presenti”. Ma perché questa presa di posizione, così improvvisa? “Forse così è stato fatto pagare a noi – continua nella nota Fiammata – il nostro impegno politico nella ricerca della contrastata ricompattezza dei Democratici di Sinistra. Senza la quale, sarebbe stata impari la democratica lotta contro il centro destra locale”. Ed è per questo che Fiammata e altri hanno aderito al programma di Vallebona e della Polis. “Per noi Comunisti Italiani essere presenti e poter democraticamente lottare in difesa delle politiche del lavoro, casa, sanità, salario, scuola, pensioni è una pertinente questione di civiltà”.

Le conchiglie di Manicone

18 aprile 2001

E’ veramente affascinante per i numerosi riferimenti alla culinaria, alla geologia, alla medicina popolare, alla storia, all’antropologia, al culto, all’architettura…” così scrive il dott. Francesco Leopizzi, Commissario Prefettizio del Comune di Gallipoli nella nota di presentazione del libro “Le conchiglie” – doni della natura tra scienza, arte, gastronomia, medicina popolare ecc. di Oronzo Manicone, medico veterinario, gallipolino di adozione, stampato con il Patrocinio del Comune. Il “gustoso” lavoro (l’ennesimo) del dott. Manicone oltre agli spunti scientifici e naturalistici, tratta in maniera semplice e per nulla noiosa di leggende, magia, usi, costumi, tradizioni che si sono alternate sulle conchiglie. ”In alcune regioni dell’Italia meridionale - si legge nel testo – ancora oggi, si usa legare al piedino del neonato una ciprea montata in argento, chiamata porcellino di San Vito, nella convinzione che il bimbo venga preservato dalle insidie del maligno e dei pericoli” di voto.
Moltissime le notizie utili: i Greci usavano le valve delle ostriche, dopo aver mangiato il frutto, come schede dentali” rappresentarono le prime monete nelle società primitive. “Tale sistema di pagamento rappresentava – scrive l’autore - l’anello di congiunzione tra il sistema commerciale basato sul baratto e quello monetario vero e proprio”. Non mancano le informazioni sul valore nutrizionale. Le cozze nere contengono proteine, grassi e carboidrati, e un alto contenuto di ferro, quindi sono “particolarmente indicate per chi soffre di anemia”. Mentre “la medicina popolare del Medioevo li utilizzava per purgare le partorienti e per curare l’itterizia”. Ancora riferimenti culinari: Luigi XIV nella prima notte di matrimonio mangiò 400 ostriche. Una curiosità scientifica molto interessante sono per esempio le pagine sulle “terenidi”. Conchiglie piccolissime queste che “utilizzano – scrive il dottor Manicone – per il loro nutrimento le particelle di legno raschiate”. E’ per questo infatti che nel periodo greco-romano alcune navi affondarono perché indebolite dalle terenidi. Una caravella di Colombo la “Vizcaina”, durante il suo quarto viaggio fu cambiata. L’Olanda rischiò nel 1731 la catastrofe perché “le strutture in legno delle dighe furono talmente danneggiate da far temere il loro crollo”. Insomma il libro è di quelli che si leggono in una sola serata. Ed in ogni pagina c’è un motivo in più per proseguire nella lettura.



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